I am Luigi and this is the story of my wife Alida and me which started in 1994, when after a long preparation we travelled to Colombia to adopt a beautiful little girl, named Marlen. We stayed in Bogota with her for about a month, and then returned together to Italy, crowning a long-cherished dream: to be parents and to give to Marlen all the love and support we could. Everything proceeded well in our family, with just some challenges related to school, where Marlen didn’t have excellent results, but where she enjoyed to share her happiness and generosity.
Our life was joyful and peaceful, however a dramatic surprise arrived: after turning 18, Marlen was diagnosed with SLE (Systemic lupus erythematosus), a serious disease of the immune system.
A long battle began, with many therapies and struggles. Marlen fought like a heroine, but her small body could no longer resist: her heart gave out on October 16, 2010, after giving us the big gift of achieving the socio-psycho-pedagogical matura diploma from the hospital.
From that moment on life turned gloomy, with many struggles, even in our relation as a couple. After a few years of suffering, we felt that we were at a crossroads: continuing to plunge into the darkness of depression or try to give meaning to so much pain.
We started to think that we could do something to help those in need, and by a series of coincidences in 2013, we came to know the Borgo Ragazzi don Bosco. We attended a meeting and a training course they organized about foster care. The course ended in March and unexpectedly, at the end of June, we were offered to meet Dissan, a Muslim seventeen-year-old boy from Bangladesh.
We were full of fear and not really supported by our relatives and friends, however we decided to start this adventure with enthusiasm and hope. The relationship with Dissan was natural and cheerful. He heard from his family in Bangladesh by phone, but at the same time he felt part of our family, surrounded with love.
Currently Dissan, after graduating brilliantly in computer engineering, is now attending the first year of a master's degree, always with our support.
We have now undertaken another experience as supportive family of Marko, a Coptic Christian boy from Egypt, who arrived in Italy when he was fourteen, after a long journey through the Balkan route. Now, after turning eighteen and after various work experiences and training courses, he has been hired with an apprenticeship contract by a construction company.
He is growing up independently, we respect and support his choices and interests.
We always emphasize how important the support we received has been. We believe in the importance of training and support, in order never to feel alone and to be able to solve the challenges we could meet during children growth.
The solidarity network Foster and Supportive Families Movement, that include foster families, families waiting for foster care and professionals, has been extremely positive: together we take advantage of others’ experiences and we look for solutions together when we are in need.
I think of our life as a puzzle, built with care and patience which surprisingly fell into a thousand pieces. Slowly, with patience, hope, and of course also pain, we rebuilt it.
Some pieces are still out of place, since our beloved child will never come back, however the whole picture is clearly visible.
We are believers and so we are convinced that our story is providential: the presence of Marlen, Dissan and Marko, each of them with their own peculiarities, were guided from above and didn’t come by chance.
Luigi
Buongiorno a tutti
Io sono Luigi ed oggi sono qui per raccontarvi la storia mia e di mia moglie Alida , che non è potuta essere con noi per motivi lavorativi . Siamo sposati da quasi trentasei anni e la nostra storia viene da molto lontano e risale al 1994, quando dopo una lunga attesa e preparazione , ci siamo recati in Colombia per adottare una bellissima bambina, di nome Marlen . Siamo stati a Bogotà , dove abbiamo vissuto insieme a lei per circa un mese, per poi tornare insieme in Italia, con una grande gioia nel cuore . Avevamo coronato un sogno a lungo agognato, essere genitori e per Marlen aver trovato un papà e una mamma innamorati di Lei e che da subito gli hanno voluto un bene dell’anima.
Tutto è proceduto bene, come una famiglia normale, con tante gioie e qualche lieve difficoltà, legata solo alla scuola, dove Marlen amava andare per condividere la sua generosità ed il suo grande voler bene a tutti, maestre, professori, compagni e compagne, anche se con risultati non sempre eccellenti.
La vita è proseguita serena , costellata da tanti momenti di festa e gioia, circondati sempre dalla felicità di tutti, genitori, parenti, amici, compimento del diciottesimo anno, con il passaggio alla maggiore età, in una serata in cui lei si era mostrata in tutta la sua bellezza di giovane ragazza, aperta alla vita e circondata da tutti quelli che gli volevano bene.
Ma la vita ci stava per riservare una drammatica sorpresa, a giugno dello stesso anno nove mesi dopo aver compiuto il diciottesimo compleanno, Marlen si ammala . Viene ricoverata nel policlinico universitario di Tor Vergata e gli viene diagnosticata una malattia autoimmune, il LES (lupus eritematosus sistemico) una grave malattia del sistema immunitario.
E’ cominciata così , una lunga lotta tra la malattia feroce ed aggressiva e Marlen, piccola e coraggiosa donna; vengono tentate tutte le terapie dai farmaci chemioterapici ai cortisonici, fino a farmaci di ultima generazione quali anticorpi monoclonali. Marlen ha lottato , come una grande eroina, ma il nemico aveva mille volti e si accaniva con tutte le sue armi, finchè il suo piccolo corpo non ha più resistita al nemico implacabile ed il suo cuore ha ceduto il 16 ottobre del 2010, non dopo averci dato una grande gioia , quella di conseguire la maturità socio-psico-pedagogica, riportando la votazione di 76/100 in ospedale. Questo è stato l’ultimo regalo che Marlen ci ha voluto donare, Lei che non amava la scuola secondo gli schemi tradizionali , aveva raggiunto quel traguardo a lungo sognato, diplomarsi come tutte le sue compagne di scuola dando una grande soddisfazione ai suoi genitori.
Da quel momento per noi la vita si è rabbuiata e ci sembrava che nulla potesse consolarci, con momenti veramente difficili che rendeva complessa anche la nostra vita matrimoniale. Qualche anno dopo , abbiamo pensato che eravamo ad un bivio , continuare a precipitare nel buio della depressione da parte mia e rischiando di perdere anche le ultime certezze nella nostra vita o cercare di dare un significato a tanto dolore e sofferenza.
Ci siamo interrogati e abbiamo pensato che potevamo fare qualcosa per aiutare chi ne avesse bisogno e per una serie di coincidenze nel 2013 abbiamo conosciuto il Borgo ragazzi Don Bosco. Qui siamo venuti a conoscenza di un incontro informativo che avevano organizzato al fine di far conoscere che cosa fosse l’affidamento famigliare e vi abbiamo partecipato, senza aspettative se non quelle di conoscere tale realtà.
Successivamente ci è stato proposto di partecipare ad un percorso di formazione per preparare le famiglie all’affido e vi abbiamo aderito, con la finalità di fare discernimento e lasciandoci coinvolgere con entusiasmo, cercando di capire se fosse veramente quella la strada che volevamo intraprendere, era soprattutto l’esigenza di guardarci dentro e trovare quindi le risorse per aiutare chi avremmo incontrato e che avrebbe avuto bisogno di tutto noi stessi.
Il corso è terminato a marzo e inaspettatamente, verso la fine di giugno ci hanno proposto di conoscere Dissan, un ragazzo del Bangladesh, di diciassette anni di religione mussulmana, che si trovava nella casa famiglia del borgo e che non aveva nessuno qui in Italia. Ci siamo avvicinati a questa situazione con molto timore e non ci sono stati di conforto tutti quelli che ci circondavano, parenti e amici , che non ci spingevano certo ad accettare tale nuova esperienza, ma quando abbiamo conosciuto Dissan siamo rimasti molto colpiti da lui, aveva l’aspetto di un ragazzino, ci faceva tenerezza, ma era già grande, in piena fase adolescenziale.
All’inizio ci ha un po’ spaventati la situazione, anche in merito all’elaborazione di quanto avevamo vissuto con l’adozione, ma con l’aiuto degli operatori del Movimento famiglie affidatarie e solidali abbiamo deciso di vivere quest’avventura, consci soprattutto dell’aiuto che ci veniva dall’alto.
L’arrivo di Dissan, in un periodo così doloroso della nostra vita, ci ha dato speranza, ci ha regalato l’opportunità di metterci in gioco e lui ha reso tutto più facile. La cosa che ha sorpreso tutti e tre è la naturalezza del nostro rapporto, sembra che stavamo insieme da sempre e per questo siamo convinti di essere stati aiutati dall’alto. Per Dissan, diciamo che la mamma ha pregato Allah e per noi Marlen che, visto il nostro dolore per la sua mancanza, ha voluto pregare Dio di darci una consolazione.
Ci piace dire che siamo "una famiglia di fatto", in quanto lui ha raggiunto la maggior età dopo un anno e quindi l’affido è terminato quasi subito, ma insieme abbiamo deciso di continuare la nostra esperienza di famiglia. Dissan ha il padre e la sorella in Bangladesh che sente telefonicamente, ma allo stesso tempo è inserito pienamente nella nostra famiglia di origine ed è stato accolto da tutti parenti ed amici con grande affetto. Attualmente Dissan, dopo aver conseguito il diploma di perito in informatico, si è brillantemente laureato alla triennale in Ingegneria informatica all’Università di Tor Vergata ed ora frequenta il primo anno di laurea magistrale nella stessa facoltà. Nonostante la possibilità di sostenerlo nel continuare gli studi sia un aspetto che ci rende orgogliosi, la soddisfazione più grande è quella di avergli dato la serenità e la possibilità di viversi l’adolescenza.
Ora abbiamo intrapreso da circa due anni , un’altra esperienza in qualità di famiglia solidale di un ragazzo egiziano, cristiano copto, di nome Marko, giunto in Italia a quattordici, dopo un lungo viaggio attraverso la rotta balcanica e accolto nella casa famiglia del borgo, seguendolo da quando aveva poco meno di diciassette anni nella sua esperienza di cammino verso l’uscita dalla casa famiglia e al compimento del diciottesimo anno ed ora nel suo percorso di inserimento nella nostra società.
Marko a giugno, dopo numerose esperienze lavorative, sorvegliante, barbiere e dopo aver fatto un’adeguato corso di formazione, è stato assunto con regolare contratto triennale di apprendistato a una società edile.
Noi lo accompagniamo e seguiamo sempre per tutte le necessità di cui ha bisogno e siamo, anche se lui ha in Egitto i suoi genitori e fratelli, la sua famiglia di riferimento in Italia, improntando il rapporto ad una sana vicinanza, rispettando i suoi modi e tempi, legati ai suoi interessi e impegni. Viene a pranzo, sta un po’ con noi poi esce a incontrare gli amici, a fare le partite di calcio, a prepararsi per l’esame di guida. Sostanzialmente noi rispettiamo i suoi interessi, i tempi e le sue scelte, facendogli sentire la nostra presenza se ne avesse bisogno.
Infine non ci stancheremo mai di sottolineare quanto il sostegno ricevuto sia stato fondamentale per noi, le storie di affido sono spesso storie di dolore che si incontrano, genitori che non possono avere figli e minori che hanno perso i genitori o hanno famiglie inadeguate per la crescita dei ragazzi. Non ci si improvvisa genitori, neanche genitori naturali, ma lì non si può intervenire, per questo insistiamo molto sulla necessità della formazione e del sostegno, non si può essere lasciati soli, noi avevamo un lutto da elaborare e sapere di aver l’appoggio di qualcuno ha fatto la differenza.
Importante è anche la rete solidale che è in piedi al Movimento famiglie affidatarie e solidali, fra famiglie affidatarie, famiglie in attesa di affido e operatori, una sinergia che ha effetti estremamente positivi, che fa sentire le famiglie mai sole ed in grado di risolvere i problemi che si incontrano durante il cammino, usufruendo dell’esperienza di chi ha già vissuto tali esperienze, aiutando nelle difficoltà e progettando soluzioni.
Per concludere, pensando alla nostra storia, viene in mente un puzzle. La nostra vita, ad un certo punto è andata in mille pezzi, come un puzzle costruito con cura e pazienza che si distrugge tutto insieme, poi piano piano, faticosamente l’insieme si è ricostruito, aggiustato con alcuni pezzi ancora fuori posto, legati alla mancanza di una persona cara ma con l’immagine di insieme ben visibile. Noi siamo credenti e siamo convinti che la nostra storia sia provvidenziale, la presenza di Marlen, Dissan ed ora Marko, ognuna con la sua particolarità, sono state guidate dall’alto e non sono arrivate per caso.
Luigi